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Pescara 6/11/2011
 
 
Messina e il risentimento
 
“Voi non potete giudicare.- Voi non aveste visto”
(da corrispondenze di Claudio Treves, per il “Tempo”, sul terremoto del 1908)
 
 
 
 
C’è una specie di risentimento nella loro voce (dei messinesi) o sbaglio?
 
Si parla di Messina, la loro città rasa la suolo, nel 1908, da un terremoto (così violento che i sismografi finirono fuori scala e non riuscirono a segnarne l’ampiezza) e un maremoto (le onde anomale furono tre, in successione, spazzarono le rive calabre e sicule; la più alta era un mostro da 13 metri).- Le vittime furono almeno 80.000 su 140.000 abitanti a Messina; 15.000 a Reggio, forse 40.000 in tutta la provincia.- “Attendete prima di dare la notizia”. Disse, prudente o seccato, ai giornalisti, il capo del Governo, Giovanni Giolitti, che non voleva prenderla sul serio, “qualcuno ha confuso la distruzione di qualche casa, con la fine del mondo…”.- Le due città erano state ricostruite da poco più di un secolo, dopo il sisma che le aveva investite nel 1783.-
 
“La natura…..” mormoro.- “Già, la natura, ma dopo arrivarono gli uomini”.- Non capisco.- Ma c’è tempo per domande.- In albergo svuoto la busta in cui ho insaccato il mio quotidiano bottino di carta, come sempre, ovunque vada: c’è anche un libro del 1911, appena riprodotto, Un duplice flagello, scritto da uno scampato al disastro, Giacomo Longo (pensare che mi ero detto: e questo che lo prendo a fare.- Troverò, poi, che nell’immediatezza, l’inviato del “Giornale d’Italia” aveva usato le stesse parole di Longo: “Sì, il secondo flagello di Messina è la insipienza dei nostri dirigenti”).-
 
Si narra come l’Italia soccorse la città: “ dallo stato d’assedio proclamato dal Gen. Mazza, forte di “diecimila fucili e cento cannoni”, all’imboscamento delle trentamila tende e trentamila coperte destinate ai superstiti dalla Francia e dall’Inghilterra; dalle ruberie di denaro e preziosi che i soldati al comando del Gen. Mazza spedivano ai parenti (i loro parenti, non quelli delle vittime), al mancato soccorso delle centinaia di feriti lasciati a morire; dalla immensa quantità di generi alimentari chiusi nei magazzini della Cittadella, alla distribuzione ai superstiti di “pane nero e pasta ammuffita”; dalla negazione perfino di un sorso d’acqua agli scampati, all’assassinio del figlio del Prof. Melle, sorpreso dai soldati mentre scavava con le mani in Via Cardines alla ricerca della sua famiglia.-
 
E che diamine: i soccorritori derubano i terremotati e sparano ai superstiti!, Sapevo, ma l’avevo presa come una sorta di macabra battuta, che qualcuno, in Parlamento, propose di bombardare le rovine della città (fa niente se sotto c’erano migliaia di sepolti vivi) e cancellarla dalla storia e dalla geografia, spartendone la provincia fra quelle di Catania e Palermo.- Sarebbe bastato cannoneggiarla una mezza giornata dal mare.- Dicevano sul serio (ancora venti giorni dopo, dalle macerie sarebbero estratti vivi dei superstiti).- Il Governo fece fallire il progetto e il Primo Ministro, Giolitti (che aveva persino concesso una proroga delle cambiali ai sopravvissuti!), “fu così convinto della eroicità del suo merito, da porre in marzo (tre mesi dopo il disastro) la candidatura in due collegi della città, sicuro di ottenervi…un plebiscito”, scrive Francesco Mercadante, nell’introduzione a Il terremoto di Messina la r accolta di testimonianze e articoli dell’epoca, pubblicate un secolo dopo dall’Istituto di Studi Storici Gaetano Salvemini (il professore pugliese insegnava nell’Università messinese; sopravvisse, ma perse tutta la sua famiglia).-
 
I soldati vennero, scavarono fra le macerie, con quel che avevano, con le mani e con le unghie, ma solo per recuperare la cassaforte della Banca d’italia, annunciandone trionfalmente il ritrovamento al capo del Governo, Giolitti; “per essi le vittime erano rappresentate dalle casseforti e dai gioielli” scrive Longo.- E capitava che si lasciassero morire i sepolti vivi.- Un vecchio si avvicina piangendo a un gruppo di soldati” chiede aiuto perché la sua figliola gemeva viva ancora sotto le macerie.- Non possiamo- gli rispondono – Aspettiamo il nostro capitano” riferisce Longo.- E poi: “ Gemeva la famiglia Borzì, sotto le macerie….i genitori e altri figli erano ancora in condizioni tali da poter essere salvati….Un ufficiale di fanteria li sentì – li vide ed ebbe l’empio coraggio di andare oltre, mormorando: “ho da fare….”
 
I familiari che tentavano di intervenire personalmente erano arrestati o fucilati come “sciacalli”, perché la prima decisione che si prese fu di decretare la pena di morte per i ladri e saccheggiatori.- Rocco Arena e sua moglie, Domenica Scarfì, sorpresi a rovistare fra i resti della casa di una loro parente, finirono in prigione per cinque mesi, e i loro tre bambini rimasero randagi.- “Sparate su quelle belve” esortava il socialista Bissolati, sull’”Avanti”.- Reazionari o socialisti (fu uno dei primi fondatori del partito, Camillo Trampolini, , bolognese, a distinguere tra “nordici” e “sudici”….) non importa quale sia il problema dei meridionali, rivolta contro un’invasione “fraterna” o sopravvivenza a un terremoto, la soluzione sembra essere sempre la stessa. “fucilateli!
 
E’ difficile resistere alla tentazione di concludere che, nell’inconscio dei sottoscala (e talvolta nell’attico della consapevolezza) di certi sentimenti nordisti, ci sia l’idea che di terroni meno ce n’è meglio è; e ogni occasione è buona per sfoltirli, persino una catastrofe.- E non pare che i soccorritori avessero bisogno di farselo ricordare…”Un giovinetto sui quindici anni, bello, biondo (come solo lo possono essere i siciliani di sangue normanno (N.d.A)---ricciuto, dalle fattezze delicate e che ha tutti i segni pareva di gentile lignaggio…. C’era Salvatore un prodigio che avendo trovato una camicia e un paio di pantaloni fra le macerie, li aveva raccattati per vestirsi.- Arrestato (per sciacallaggio: N.d.A) …andava chiamando invano “mamma!, mamma!.- Il buon maggiore guardò la creatura supplichevole, guardò i carabinieri accigliati….:- Si voltò dall’altra parte e testimone tale Giovanni Alfredo Cesareo.- Fucilato!
 
“Si spara, sui cani, sui gatti, sui ladri”, spiega un militare a un altro giornalista, Oddino Morgari, il quale obietta che “molti frugano tra le rovine delle altrui case per procacciarsi quei viveri e quegli indumenti che il Governo non dà.- In secondo luogo osservo che se non si fucila il ladro che ruba ai vivi non vi è ragione di fucilare quello che ruba ai morti”.- Evidentemente, il valore della vita dei meridionali non raggiungeva, nella stima dei soccorritori, il livello di tale logica.- Nelle corrispondenze di alcuni inviati a Messina e Reggio Calabria si legge, anche con coloriture razziste, dell’apatia dei sopravvissuti, in attesa di tutto, seduti magari sulle rovine delle loro case.- Ma chi si dava da fare rischiava l’esecuzione sul posto….
 
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Goffredo Bellonci, del “Giornale d’Italia”, racconta di “un vecchio bianco, curvo, con gli occhi aridi e un tight frusto” che “domanda ad ogni minuto”, all’On. Micheli (uno dei veri eroi civili, in quel disastro, per quanto bene fece, al fine di risollevare le condizioni e il morale dei sopravvissuti): “Mi da il permesso di prendere mio figlio?” Il corpo del ragazzo è sotto le macerie e il padre non vuole che imputridisca sotto la pioggia, vorrebbe almeno rispettarne i resti.- Ma nemmeno l’onorevole può contraddire l’ordine del Gen. Mazza, il vecchio rischierebbe d’essere giustiziato sul posto..-
Nel muto imbarazzo dell’interpellato, l’uomo continua la sua cantilena: “Mi dà il permesso, onorevole?” Il giornalista si allontana sconvolto.- A leggere quelle cronache, ti dici che la sciagura non fu il terremoto, ma l’arrivo dei soccorsi.-…………………………..uno dei più autorevoli inviati, Goffredo Bellonci, del “Giornale d’Italia”, scrisse: “Lasciate che io riveli la miseria di questa spedizione governativa, che non ha provveduto a nulla e a nessuno…sono morti di inazione e di soffocazione parecchie migliaia di uomini sepolti….”.- Il Duca di Genova arrivò a Messina tre giorni dopo il sisma, “con a bordo 3200 uomini di truppa, barelle e altra roba, scarsa, sì, ma di pronto soccorso”, annota Longo: ma nessuno e niente scese dalla nave, per tre giorni, perché il Gen. Mazza non aveva completato i suoi piani.-
 
La flotta Russa in Mediterraneo, invece, si mosse da Siracusa, giunse in poche ore, ma “durante la navigazione gli equipaggi si prepararono al meglio per i soccorsi” riferisce Tatiana Osthakova, docente di russo a Messina, nel suo Abbiamo visto Messina ardere come una fiaccola – I marinai russi raccontano il terremoto del 28 dicembre del 1908, “si allestirono lettighe, si costituirono squadre di soccorso, si stabilirono turni di lavoro; la gestione degli ambulatori fu affidata al medico di bordo della nave ammiraglia, Aleksander A. Bunge, famoso esploratore dell’Artico; le squadre di soccorso, composte da sei a venti persone ciascuna, furono poste agli ordini dei guardiamarina e coordinate dagli ufficiali”……………..
 
Il porto di Messina era devastato, fondali sconvolti, navi affondate, buttate sulla costa.- Ma la Makarov del contrammiraglio Litvinov avanzò; nella impossibilità di attraccare, i marinai russi si tuffarono in mare e raggiunsero a nuoto la riva.- Calate le scialuppe, “Litvinov e i suoi ufficiali, fra i primi a toccare terra, stimarono l’entità dei danni e iniziarono a coordinare le operazioni di soccorso”.- In breve, a tutta forza giunsero la Guilak, la Bogatir, la Slava, la Cesarevic, agli ordini dell’Amm. Ponomareff; e sopraggiungevano le britanniche Minerva, Lancaster, Exmouth, Duncan, Euryalus………………………………
 
“ E quello che non distrusse il terremoto, demolirono i soccorritori, che si arricchirono” mi raccontano “con la dinamite per tirare giù quello che era rimasto”…………………………
 
“A dispetto dell’insolenza nazionale” scrive Longo, mentre “i soldati e gli ufficiali italiani, armati di tutto pugno, facevano sfoggio di autorità e di potere sopra le macerie” i marinai russi della Makarov che per primi accorsero, “pur di strappare alla morte un uomo, una donna, un bambino”, perivano a volte nel crollo delle macerie (al loro martirio, al loro sacrificio, alla loro umanità è dedicato il libro).- Nell’immensa amarezza per quel che documenta, l’autore di Un duplice flagello attribuisce il comportamento delle autorità italiane al fatto che “le due Camere sono state in ogni tempo asservite ai signori del Settentrione”; e “l’opera di quaranta secoli distrutta in quaranta secondi”resta una tragedia tutta siciliana, anzi, tutta messinese, estranea alla insipienza ed alle incertezze del Governo, forse per “quell’antagonismo feroce e bestiale, che i settentrionali hanno sempre mai allevato contro questa terra”.- Perché inviarono truppe “senza vettovaglie” e “uomini capaci di strappare il pane dalla bocca dei superstiti” non attrezzati ai soccorsi: “senza pompe, senza corde, senza picconi”, ma con “diecimila fucili, diecimila baionette, un milione di cartucce e cento cannoni”, che “ arrestavano chiunque incontrassero sulle macerie, col pretesto di furto perpetrato, ma in sostanza non arrestarono mai un vero ladro”.- Mentre “ si videro le pubbliche autorità”, è scritto in Il terremoto di Messina , “concentrare tutte le loro forze soprattutto nella ricerca di valori e preziosi della gente”………………
 
L’inviato del “Corriere della Sera” riferisce di un ufficiale fucilato mentre nascondeva sotto la divisa manciate di banconote.-
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Sembrava quasi che il Governo italiano avesse colto l’occasione del disastro, per punire Messina, piuttosto che aiutarla.- E, a ben guardare, il sospetto potrebbe non essere infondato, perché la rocca messinese, con quella di Civitella del Tronto, fu l’ultima a cedere all’assedio delle truppe piemontesi.- La città aveva dimostrato, in maniera plateale, la sua disistima al nuovo governo, alle elezioni del 1866, l’anni in cui esplode in tutta la Sicilia, la rivolta del Sette e Mezzo (dai giorni che durò), per la delusione di essere passati dalla scarsa autonomia sotto i Borbone, alla nessuna autonomia e alla miseria con i Savoia……………………………
 
Non solo: l’Unità aveva condannato Messina a una feroce regressione economica e commerciale.-…………..Messina era “fulcro economico di un sistema che coinvolgeva la propria provincia e la provincia attuale di Reggio e Vibo Valentia”.- C’erano 161 di seta sulla costa calabrese dello Stretto, nel 1860 (sparirono piano piano, dopo l’Unità, come il resto del comparto industriale del Sud); la produzione di essenze-base per l’industria profumiera poneva il porto messinese al centro di traffici con l’Europa più ricca, colta e moderna.- Appena arrivati, i piemontesi imposero la loro tariffa doganale, come al resto del Meridione: il che comportò il declino dell’industria meridionale e della quantità di merci in transito per il porto siciliano; che, ancora peggio, smise di essere porto franco.-
 
La depressione colpì l’intera area dello Stretto; su poco più di 105.000 abitanti (allora) Messina perse 33.000 posti di lavoro.- ……..Provo a riassumere: la sua rocca resse sino all’ultimo e i suoi difensori, invece dell’onore delle armi, ebbero gli insulti dell’omicida di professione Enrico (Caino) Cialdini; appena annessa all’Italia, vide il suo porto declassato e sfiorire le industrie di cui era perno; per cinquant’anni, il nuovo governo la ignorò e quando il terremoto la distrusse, mandò i bersaglieri a fucilare i superstiti e a rubare gli aiuti.-…..
 
 
 
NOTA:   “Tutto quanto sopra riportato è tratto da “Giù al Sud” di Pino Aprile, uscito in questi giorni per i tipi di PIEMME Edizioni.- Pino Aprile, giornalista e scrittore, storico e come tanti alla ricerca e alla diffusione della memoria amputata, nascosta, ma non distrutta,  del Sud e della fantastica gente meridionale, nonostante 150 di insulse fandonie sulla cosiddetta Unità d’Italia.- Il capitolo è il 38 e non l’ho riportato per intero; le lunghe punteggiature indicano passi di cronache lunghe citazioni di altre fonti bibliografiche, che avrebbero appesantito tutto il racconto relativo a questa orribile vicenda rimasta nascosta e mai raccontata.- Tra l’altro il cap. citato segue altre vicende narrate nei cap. precedenti e che hanno un loro filo logico, razionale e niente affatto sentimentale o di rivalsa o che abbia la più lieve intenzione di suscitare risentimenti e odio.-
 
Ma la verità è la verità; la puoi nascondere ma non muore mai e ti seguirà fino alla morte come il peggiore degli incubi.- Vi consiglio vivamente di cominciare dal precedente lavoro di P. Aprile (Terroni) e continuare con quest’ultimo.-- Mai soldi sono stati spesi così bene.— Qualcosa si sta già muovendo e già qualcuno comincia a farsi delle domande anche al Nord (sebbene per la Lega restiamo “topi” e “merdacce”) e c’è chi comincia a farsi domande su cosa stia effettivamente succedendo “laggiù”.-
 
Per ultimo: In Lucania esiste il più grande giacimento di idrocarburi d’Europa in terra ferma.- Le royalties pagate ai Lucani, per questo tesoro nascosto nella loro terra da milioni di anni, con il beneplacito degli attuali governanti, succubi degli squali anglo-francesi loro pari, ammontano a 17 dollari il barile.- La schifezza libica e irachena viene pagata 45-50 dollari al barile….
 
Se costoro sono i “Fratelli d’Italia” mai, come in questo momento, ho desiderato essere figlio unico o almeno che mi sia consentito, come una volta di essere fratello di chi è stato mio fratello da sempre: la gente del Sud alla quale sono fiero di appartenere per nascita, così come sono fiero di vivere in terra d’Abruzzo, così simile alla mia e che ha realizzato il primo interscambio etnico -culturale.- Perché so che Civitella del Tronto ha mostrato cosa sono veramente gli Eroi che si sono battuti non per un frainteso concetto di Patria o di Re, ma che si sono battuti e morti per la loro terra che volevano restasse così com’era: libera, pacifica e indipendente.- E quel Re bastava per campare e cantare.- E questa gente sapeva che il loro Paese non era il Paradiso ma sapeva pure che non era nemmeno l’Inferno.- Poi venne l’Inferno vero e parlava francese.--
 
 
Roberto Matera (ANTUDO)! Animus Tuus Dominus (Il Coraggio è il tuo Signore)
 
07/11/2011
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