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L’interesse dei giovani per i problemi sociali e politici, la loro curiosità intellettuale, il loro sguardo sulle grandi miserie e ingiustizie, il rifiuto del silenzio sul mondo degli adulti che sembrava incapace di indicare una vita degna di essere vissuta, la richiesta di nuove forme di partecipazione e di impegno… tutto questo, che è presente, all’inizio, non può non suscitare simpatia.
Negli anni che precedono il 68 vi è già un retroterra di rifiuto di un mondo considerato ingiusto, ipocrita e formalista. Forse non è un caso che le prime contestazioni si manifestino negli Stati Uniti,
dove più diffuso è il benessere economico, ma dove più grande sembra essere l’alienazione e il vuoto interiore.
 
Purtroppo, la contestazione del presente e delle sue ingiustizie, per motivi profondi (la cui comprensione, richiederebbe uno spazio e soprattutto, una competenza maggiore) ha prodotto un Grande Rifiuto.
La contestazione è stata considerata  un valore in sé.
Vale tutto ciò che si oppone alla tradizione. La libertà è così, in un certo senso, sospesa nel vuoto, senza riferimenti, separata dalla storia.
La trasgressione sembra essere così, l’espressione autentica della libertà
 
Ciò appare evidentissimo nei modi di vivere la sessualità.
Già agli inizi degli anni 60 il movimento beat attira le giovani generazioni con la promessa della scoperta di sé stessi, della vita sulla strada, del sesso, della droga.
Si diffondono i movimenti di liberalizzazione sessuale che vengono spacciati per forme di contestazione politica ai sistemi dominanti. Socializzazione della sessualità, cioè libero accesso al rapporto sessuale tra tutti i maschi e le femmine del gruppo e maternità e paternità condivisa dagli adulti del gruppo.
Esperienze spaventose che precedono il 68 e che non si ripeteranno in Italia in queste forme estreme.
Ma già è diffusa in tutta Europa un atteggiamento dissacrante e trasgressivo.
 
In Italia, come in Francia, l’agitazione parte dal mondo accademico e prende spunto dalle proposte di riforma scolastica.
In Italia, la contestazione prese ben presto la forma di una critica marxista alla società. Tutti i gruppi che fonderanno il Movimento Studentesco e tutti quelli che sorgeranno successivamente, si richiameranno e si ispireranno alle varie correnti del Marxismo.
Non è possibile comprendere quello che è accaduto, senza conoscere il ruolo determinante, il fascino, a volte inspiegabile, che il Marxismo ha esercitato negli anni settanta su intere generazioni.
 
Il Paradiso che i giovani, e non solo loro, desideravano, era stato teorizzato come meta finale di un processo rivoluzionario che avrebbe abolito tutte le forme oppressive che impedivano all’uomo di essere felice.
Questo sistema di pensiero ha letteralmente posseduto le menti.
Le categorie marxiane erano gli strumenti di interpretazione di tutta la realtà materiale e ideale, dalla politica, alla scienza, alla religione.
 
La scuola era così di classe, e aveva lo scopo di manipolare gli studenti, di instillare uno spirito di subordinazione. Il docente un poliziotto, lo studente un imputato, l’esame, uno strumento di oppressione. In più di una occasione i libri finirono bruciati nei cortili dell’università e sostituiti da
forme di autoeducazione.
 
Il movimento studentesco si pose dichiaratamente al di fuori del sistema politico, rifiutando la logica parlamentare e la mediazione dei partiti e dei sindacati.
 
In prospettiva si intravedeva la RIVOLUZIONE.
Anche questo termine, con la sua enorme carica emotiva, è difficilmente comprensibile per chi non ha vissuto in quegli anni.
Esso rappresentava la fine di ogni ingiustizia. La felicità collettiva e individuale.
La rivoluzione insomma, era il valore assoluto. Ciò che contava non era l’uomo, la sua dignità, ma la società nuova che avrebbe generato un nuovo uomo.
E’ evidente che questa visione contiene in sé la possibilità della violenza, poiché è bene tutto ciò che conduce alla meta, anche l’eliminazione fisica di coloro che vengono considerati, oggettivamente, avversari.
 
E la violenza arrivò, con il suo corteo spaventoso di sofferenze e vittime innocenti.
 
Un fenomeno rilevante del decennio fu la diffusione dell’uso delle droghe che divenne in seguito un fenomeno di massa.
I profeti del pre-sessantotto, soprattutto in America si battevano per la diffusione della marijuana.
All’inizio gli stupefacenti erano visti come un mezzo di liberazione personale.
 
Parallelamente, e intrecciata con la lotta per la rivoluzione, avanzava la rivoluzione femminista, con la formazione di diversi gruppi, tutti però uniti nella richiesta dell’aborto libero e gratuito per tutte.
Per esse la rivoluzione doveva cominciare dai rapporti col marito e passare attraverso la distruzione della famiglia e del matrimonio che è l’istituto che ha subordinato la donna all’uomo
La verginità, la castità, la fedeltà, sono vincoli per costruire e mantenere la famiglia borghese.
L’amore esclusivo, non era che l’estensione del concetto della proprietà privata applicato alle persone. Bisognava combattere l’uno e l’altra.
 
Le idee che cercavano di imporsi nel decennio, sono diventate, negli anni, convinzioni diffuse, hanno prodotto leggi che, a loro volta, svolgono una funzione dis-educativa e continuano a premere perché l’ordinamento giuridico si conformi ai “nuovi valori”.
 
Sono temi che possono essere solo accennati, ma che mostrano come 68 non sia stato un tempo
 in cui gli studenti hanno portato una ventata di freschezza giovanile, rendendo più moderno il nostro paese, lottando contro le ingiustizie con eccessi e intemperanze, appunto, giovanili.
 
 Il periodo in questione, dominato da ideologie materialistiche e atee, già esaminate e scrutate da tempo dalla Chiesa che ne aveva messo in rilievo i pericoli, ha accelerato il moto di allontanamento dai valori del vangelo e oggi, rispetto a quaranta anni fa, la vita dell’uomo vale meno.
 L’emergenza educativa ha qui le sue radici profonde. Essa non è ostacolata solo dal conflitto, naturale, delle generazioni, dalla mancanza di dialogo e di presenza.
L’educazione presuppone un insieme di valori da trasmettere ed è ostacolato da un ambiente che nega la realtà stessa dei valori, dominato dal relativismo, dal nichilismo e dalla cultura dell’effimero.
Né i nostri figli sono preservati, come usiamo dire, dalla catechesi del mondo.
 
Le cause vanno cercate lontane (Giovanni Paolo II nel libro-intervista con Messori “Varcare la soglia della speranza” fa delle considerazioni interessanti sullo sviluppo della filosofia europea per comprendere la realtà presente)
 
Il pensiero va a tutti quei giovani che hanno sciupato la loro vita seguendo, a volte senza colpe, falsi maestri e che sono passati, spesso, dall’entusiasmo alla disperazione; va alla responsabilità personale di tutti quelli, che il Signore, misteriosamente, ha voluto preservare, accogliendoli nella Chiesa.
 
Agosto 2007
 
Carlo 
 
 
 
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